Morbo di Alzheimer: come possono essere di aiuto le cellule staminali?

Il morbo di Alzheimer (o malattia di Alzheimer) è la causa più comune di demenza. E’ una malattia complessa che colpisce le cellule nervose in diverse parti del cervello, rendendo difficile lo sviluppo di una terapia efficace. Le cellule staminali potranno in futuro aiutarci a superare questa sfida?

Il morbo di Alzheimer (MA) è la causa principale di demenza. Le persone colpite da questa malattia spesso soffrono di perdita della memoria, stati confusionali e cambi di umore.

Le cause della malattia di Alzheimer sono ancora sconosciute ma molte teorie si concentrano su due proteine, chiamate “beta amiloide” e “tau”, che nei pazienti con Alzheimer si accumulano nelle zone del cervello colpite da degenerazione.

Gli agglomerati di proteine beta amiloide formano delle placche che potrebbero interrompere la corretta trasmissione dei segnali tra neuroni.

La proteina tau è importante per il normale funzionamento cellulare, tuttavia i ricercatori pensano che quando tau si aggroviglia a formare degli ammassi, questo impedisca ai neuroni di assorbire nutrienti.

Ad oggi non ci sono cure per la malattia di Alzheimer.

Ad oggi non esistono trattamenti con cellule staminali approvati per la cura della malattia di Alzheimer. I ricercatori hanno osservato effetti positivi in seguito a trapianto di cellule staminali neurali in topi affetti da una malattia simile al morbo di Alzheimer ma si sta ancora studiando il meccanismo d'azione di  queste cellule per comprendere come potrebbero aiutare a riparare il cervello.

I ricercatori stanno utilizzando cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) per produrre neuroni con le stesse caratteristiche genetiche delle persone affette da Alzheimer, in modo da poter studiare la malattia. Questi neuroni sono uno strumento utile per testare nuovi farmaci in grado di ridurre i livelli di beta amiloide e tau. Inoltre, possono essere utilizzati per identificare marcatori della malattia in grado di aiutare la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer.

Nel cervello ci sono diversi tipi di neuroni che vengono distrutti dal morbo di Alzheimer, rendendo ogni caso unico e quindi difficile da curare.

Affinché il trattamento con cellule staminali possa essere efficace, le cellule dovranno essere distribuite in tutte aree danneggiate del cervello, essere in grado di formare il tipo corretto di neurone, “collegarsi” correttamente nella rete di neuroni già esistente, e, soprattutto, essere sicure (es. non causare cancro o altro genere di complicazioni).

Alcuni ricercatori pensano che lo studio di nuovi neuroni formati da cellule staminali non sia in grado di mimare le cellule invecchiate di un cervello con la malattia di Alzheimer. Altri ricercatori invece pensano che questo approccio sia lo strumento migliore per studiare gli stadi precoci della malattia.

Anche se venissero sviluppati trattamenti con cellule staminali, questi non agirebbero sulle cause della malattia. Ciò significa che questi trattamenti potrebbero non essere efficaci nel tempo e che i pazienti potrebbero subire ricadute.

il morbo di Alzheimer

La malattia di Alzheimer è la causa più comune di demenza. I primi sintomi spesso includono vuoti di memoria e difficoltà nel trovare le parole giuste. Con il passare del tempo, sintomi come confusione, cambi di umore o perdita della memoria appaiono e si aggravano.

Le cause della malattia sono ancora incomprese, ma i ricercatori hanno scoperto che le persone affette dal morbo di Alzheimer mostrano un accumulo anomalo di alcune proteine nel cervello. Una di queste proteine, chiamata beta amiloide, si raggruppa a formare delle “placche”. Un’altra, chiamata tau, si attorciglia a formare degli “agglomerati”. Gli scienziati stanno ancora esaminando se l’apparizione di placche e agglomerati  nel cervello siano la causa  dei sintomi del morbo  di Alzheimer o se invece siano una conseguenza della malattia. Secondo una teoria, le placche impedirebbero la corretta comunicazione tra le cellule nervose nel cervello, mentre gli agglomerati potrebbero rendere difficile il necessario assorbimento dei nutrienti da parte delle cellule. Qualunque sia l’esatto processo coinvolto, ciò che è chiaro è che durante la progressione della malattia alcune cellule nervose, chiamate neuroni, vengano perse. Per questo motivo, la malattia di Alzheimer è nota come una malattia neurodegenerativa.

 

Alzheimer's disease neuron death
Illustrazione della formazione degli ammassi e delle placche proteiche, e la loro interazione con i neuroni nello sviluppo del morbo di Alzheimer.

Si stima che circa l’1.5% delle persone tra i 65 e i 69 anni e circa il 25-30% delle persone di 90 anni siano affette dal morbo di Alzheimer. Nonostante le cause della malattia non siano ancora note, sono stati individuati diversi fattori di rischio associati alla malattia, il primo è l’invecchiamento. Inoltre, le donne sono più soggette degli uomini al morbo e anche la genetica (cioè la storia familiare) sembra avere un ruolo importante. Altri fattori vengono aggiunti continuamente alla lista, tra cui l’obesità.

Ad oggi non ci sono cure per il morbo di Alzheimer. Sono disponibili dei farmaci che aiutano a curare temporaneamente alcuni sintomi, per esempio migliorando la memoria o la capacità di svolgere le attività giornaliere. Molti di questi farmaci appartengono ad una classe nota come inibitori della colinesterasi (e.g. Aricept, Exelon, Galantamina). Questi farmaci aiutano a ridurre la decomposizione di una sostanza naturale nel cervello chiamata acetilcolina, che trasmette segnali tra neuroni. Non esistono, tuttavia, farmaci in grado di ritardare o arrestare la perdita dei neuroni. Negli ultimi due decenni sono stati compiuti grandi sforzi da parte della ricerca nello sviluppo di nuovi potenziali farmaci per la rimozione degli accumuli di proteina amiloide nel cervello. Ampi studi clinici con queste sostanze sono purtroppo falliti, ponendo nuove domande riguardo a come il morbo venga riprodotto e compreso nei laboratori. La maggior parte della ricerca è stata infatti fino ad ora effettuata su topi con condizioni simili all’Alzheimer, a cui ci si riferisce come “modelli” murini della malattia. Le cellule staminali potrebbero pertanto fornire nuovi modelli per lo studio della malattia in cellule umane e promuovere lo sviluppo di nuovi trattamenti.

Non ci sono ad oggi cure per il morbo di Alzheimer che impieghino cellule staminali.

La malattia colpisce tanti tipi diversi di neuroni in molte aree del cervello. Per questo, riparare le cellule danneggiate nel cervello rappresenta un problema complesso. La ricerca ha dimostrato che le cellule staminali neurali (un tipo di cellule staminali che si trova nel cervello) sono in grado di formare nuovi neuroni, tuttavia, trapiantare queste cellule nel cervello di un paziente con Alzheimer, nella speranza che possano dare origine a nuovi neuroni sani, non è semplice. Trapiantare nuove cellule nel cervello affetto da Alzheimer non agirebbe infatti sulla causa della perdita dei neuroni e sarebbe solo in grado di aiutare in maniera temporanea prima che altri neuroni muoiano. Nonostante questo, i pazienti con Alzheimer potrebbero trarre molti benefici da trattamenti a base di cellule staminali neurali. Anche un breve ritardo nella progressione della malattia potrebbe infatti avere un grande impatto sulla qualità della vita dei pazienti, sulla società e dal punto di vista economico. Per esempio, un trattamento in grado di rallentare la malattia di 5 anni potrebbe ridurre il numero di casi di Alzheimer e i costi sanitari della malattia di un terzo.

Utilizzare le cellule staminali neurali come terapia per il morbo di Alzheimer pone molte sfide. Anche nel caso in cui fossero disponibili staminali neurali da trapiantare in maniera sicura, ci sarebbero molti ostacoli da superare prima di ottenere benefici terapeutici. Infatti, le staminali trapiantate dovrebbero:

  • attraversare le diverse aree danneggiate del cervello.

  • produrre i diversi tipi di neuroni necessari a rimpiazzare le cellule danneggiate o perse (e in numero ottimale, senza generare troppe cellule nuove).

  • fare in modo che i nuovi neuroni siano in grado di integrarsi in maniera efficace nel cervello, formando connessioni per sostituire le parti perse della complessa rete neurale.

Nonostante queste grandi sfide, gli scienziati si sono impegnati attivamente nella ricerca sul trapianto di cellule staminali mostrando in alcuni casi benefici in topi modello della malattia. Questa ricerca è ad uno stadio molto precoce e ci sono ancora molte domande che cercano risposta. Pertanto, prima che i risultati ottenuti possano essere applicati allo sviluppo di terapie per i pazienti umani, sarà necessario ancora tanto lavoro.

Un altro possibile approccio alle terapie con le staminali potrebbe essere quello di usare alcuni tipi di cellule staminali per trasportare al cervello una proteina chiamata neurotrofina. Nei cervelli sani, la neurotrofina supporta la crescita e la sopravvivenza dei neuroni, mentre nei cervelli affetti dal morbo la sua produzione è ridotta. Le cellule staminali neurali producono neurotrofine, per cui potrebbero essere utilizzate per risolvere questo problema. Per testare questa teoria, gli scienziati hanno generato topi con sintomi e caratteristiche chiave del morbo di Alzheimer, come per esempio i danni alla memoria. Hanno quindi iniettato delle cellule staminali neurali nei cervelli dei topi ed hanno osservato dei miglioramenti nella memoria. Ulteriori studi sono in corso per capire gli effetti, ma questo approccio non è stato ancora testato in pazienti umani.

Prima che le terapie basate sul trapianto siano sviluppate, molti scienziati credono che i pazienti affetti da Alzheimer potranno trarre beneficio dalle cellule staminali in modo alternativo. Le cellule staminali ottenute dai pazienti con Alzheimer possono essere infatti cresciute in laboratorio in larga scala e gli scienziati possono usarle per studiare la malattia e sviluppare nuovi farmaci.

Drawing of a healthy neuron (nerve cell of the brain)
Disegno di un neurone sano (cellula nervosa del cervello)
Drawing of a neuron affected by Alzheimer's disease
Disegno di un neurone affetto dal morbo di Alzheimer

 

Un giorno nella vita di una ricercatrice che studia la demenza. La scienziata Selina Wray accompagna “Alzheimer’s Research UK” in una delle sue giornate.

La ricerca attuale usa un tipo di cellule staminali chiamate cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) per studiare la malattia di Alzheimer. Questo tipo di cellule staminali viene cresciuto in laboratorio e deriva dalla “riprogrammazione” di altre cellule che si possono facilmente ottenere dai pazienti, come per esempio le cellule della pelle. Le cellule iPS così ottenute possono produrre ogni tipo di cellula del corpo. Ciò significa che esse rappresentano una fonte per quei tipi di cellule che sarebbero altrimenti difficili da ottenere, come ad esempio i neuroni che si trovano nel cervello.

Gli scienziati impiegano le cellule iPS per crescere neuroni in laboratorio, allo scopo di studiare la malattia di Alzheimer. I ricercatori utilizzano neuroni derivati da cellule iPS provenienti da cellule di pazienti con il morbo di Alzheimer per studiare quelle anomalie che possono essere alla base della progressione della malattia. Questo include lo studio di come i neuroni producono, distribuiscono e rilasciano la proteina beta amiloide, che forma placche, e la proteina tau, che forma ammassi, nel cervello dei pazienti. I neuroni derivati da cellule iPS forniscono agli scienziati un ottimo strumento per studiare dei neuroni simili a quelli presenti del cervello dei pazienti con Alzheimer, ad un livello di dettaglio che non sarebbe altrimenti possibile. Questo permette ai ricercatori di capire come e perché le placche proteiche si formano negli stadi precoci della malattia e cosa causa la morte dei neuroni. Inoltre, questo approccio permette agli scienziati di sperimentare nuovi farmaci e terapie, oltre a fornire uno strumento per individuare dei marcatori della malattia da utilizzare per la diagnosi precoce del morbo di Alzheimer, aumentando quindi le possibilità di successo delle nuove terapie.

Le cellule iPS sono state recentemente utilizzate per generare ‘organoidi’ cerebrali. Invece di crescere neuroni sulla superficie piatta delle piastre Petri, gli organoidi cerebrali vengono cresciuti in condizioni che permettono ai neuroni di formare strutture tridimensionali (3D). Gli organoidi cerebrali in 3D contengono un numero maggiore di tipi cellulari e sono in grado di aggregarsi e formare strutture cellulari molto complesse che rappresentano alcuni aspetti del tessuto cerebrale umano. Per esempio, gli organoidi cerebrali formano strati di neuroni che ricordano molto quelli presenti nel cervello. Non e’ possibile ottenere queste strutture crescendo i neuroni in superfici piatte.

Uno dei vantaggi dell’uso degli organoidi cerebrali e’ la possibilità di ottenere tessuto cerebrale per lo studio dello sviluppo del cervello, la sua funzione, la riparazione e le malattie che lo colpiscono. Ottenere tessuto cerebrale da pazienti e’ molto difficile e comporta problematiche dal punto di vista etico. Gli organoidi cerebrali permettono ai ricercatori di ottenere tessuto cerebrale per condurre esperimenti. Gli organoidi possono anche essere derivati da cellule iPS e questo permette ai ricercatori di studiare le differenze tra cellule cerebrali derivate da pazienti con caratteristiche genetiche diverse, per esempio tra organoidi provenienti da individui sani e organoidi derivati da pazienti con malattia di Alzheimer. I ricercatori possono così studiare il modo in cui le cellule all’interno degli organoidi si comportano, migrano, formano strutture complesse e interagiscono con altre cellule. Al momento, gli scienziati stanno valutando se la proteina beta amiloide si aggrega in misura maggiore all’interno degli organoidi cerebrali rispetto ai sistemi di coltura con superfici piatte. Se questo e il caso, gli organoidi potrebbero diventare uno strumento estremamente utile nella ricerca di un trattamento per la malattia di Alzheimer e per lo sviluppo di nuovi farmaci.

Un’altra area di interesse per i ricercatori e il ruolo del sistema immunitario nella malattia di Alzheimer. Studi recenti suggeriscono che un sistema immunitario eccessivamente attivo possa portare allo sviluppo di infiammazione nel cervello e danneggiare i neuroni. Recentemente i ricercatori hanno utilizzato cellule iPS derivate da pazienti con Alzheimer per generare cellule della microglia, il sistema immunitario del cervello. Gli scienziati vogliono studiare come queste cellule interagiscono con la proteina amiloide e se queste cellule possano essere coinvolte nello sviluppo della malattia di Alzheimer.

La ricerca che utilizza le cellule iPSCs e’ promettente per diverse ragioni.  . La malattia di Alzheimer varia molto da individuo a individuo. Lo studio di cellule iPS derivate da pazienti diversi potrebbe rivelare il motivo per cui vediamo così tanta variabilità nella malattia di Alzheimer. Inoltre, questo approccio potrebbe aiutare a identificare le terapie più adatte ai diversi pazienti e addirittura a sviluppare trattamenti specifici per singoli pazienti, cioè di ‘medicina personalizzata’.

Nonostante alcune industrie farmaceutiche affermino di offrire trattamenti a base di cellule staminali per il morbo di Alzheimer, molti di questi non fanno parte di studi clinici approvati e attentamente controllati. In diversi paesi tra cui gli Stati Uniti sono in corso alcuni studi clinici di Fase 1 e 2 (ovvero studi per valutare la sicurezza e l’efficacia del trattamento).

Un numero significativo di questi studi utilizza cellule staminali mesenchimali per la cura dell'Alzheimer. È opportuno prestare cautela fino a quando i risultati di questi test verranno resi pubblici, in quanto vi sono molte domande sul razionale scientifico e la sicurezza del trattamento negli studi clinici. . E’ inoltre importante ricordare che i portali internet che elencano gli studi clinici disponibili, come per esempio www.clinicaltrials.gov, non valutano la validità scientifica degli studi o la reputazione degli istituti che li conducono.

Ad oggi, non esistono terapie sicure, provate ed efficaci che utilizzano cellule staminali per la cura dell'Alzheimer disponibili in Europa o negli Stati Uniti. Tuttavia, gli scienziati utilizzano già cellule staminali per studiare in modo rigoroso le cause e gli effetti della malattia di Alzheimer e prevedono che le loro scoperte saranno importanti per identificare nuovi farmaci e terapie cellulari in futuro.

Questo scheda informativa è stata creata da Mahendra De Silva nel 2014.

E’ stata poi revisionata e aggiornata da Fred H. Gage, Laura Phipps, Pietro Tiraboschi, Håkan Toresson e Selina Wray nel 2014.

Revisionata e aggiornata da Selina Wray nel 2016.

Corretta da Ryan Lewis nel 2018. Revisionata e aggiornata da Charlie Arber nel 2018.

Tradotta in Italiano da Antonella Fidanza e Anna Maria Ranzoni.

L’immagine di copertina rappresenta la perdita di connessioni tra i neuroni di un cervello affetto dal morbo di Alzheimer, cortesia del National Institute on Aging/National Institutes of Health.

L’immagine animata è stata creata da  7mike5000 e tratta da “Inside the Brain: Unraveling the Mystery of Alzheimer's Disease” del National Institute on Aging. Tutte le altre immagini sono cortesia del National Institute on Aging/National Institutes of Health.

Immagine di microscopia che rappresenta cellule marcate in maniera fluorescente all’interno di un organoide cerebrale. Gli organoidi cerebrali formano strati di cellule che generano strutture 3D complesse che sono simili a quelle del cervello umano. L’immagine e’ stata fornita da Charlie Arber, UCL Institute of Neurology.